Imparare la lezione di Taiwan nella lotta contro il Covid
Un recente articolo (D.J. Summers, D.H.-Y. Cheng, P.H.-H. Lin et al., Potential lessons from the Taiwan and New Zealand health responses to the COVID-19 pandemic, The Lancet Regional Health - Western Pacific,) contiene interessanti spunti per disegnare una efficace risposta contro l’attuale pandemia di COVID, oltre che per ripensare ai piani nazionali in caso di nuove future pandemie, che potrebbero essere anche più severe di quella che stiamo vivendo.
In primo luogo, la gestione della pandemia dovrebbe essere delegata ad un’unica agenzia governativa di sanità, che operi nell’ambito di un quadro legislativo prestabilito e che sia in grado di stabilire misure più o meno stringenti, calibrate e proporzionate in funzione della situazione contingente. Esattamente l’opposto di quello che avviene oggi in Italia, dove le decisioni sulle misure di contrasto della pandemia sono condivise tra una pluralità di attori, con la dimensione politica che spesso prevale su quella tecnica.
Si pensi alla ripartizione di competenze tra il livello statale e il livello delle Regioni, le quali hanno presidenti che sono espressione di partiti diversi, con gradi di competenza, di efficienza e modalità di approccio al governo della cosa pubblica assai eterogenei. Oppure si pensi alle posizioni del Ministero della Salute, le quali devono essere portate in Consiglio dei Ministri, venendo così sottoposte al dibattito collegiale in virtù del quale la proposta tecnica di input diviene una decisione politica di output, frutto di sintesi tra le diverse visioni ed anime politiche dei partiti di maggioranza. Per non parlare dei dibattiti parlamentari e dell’estemporaneità delle decisioni, assunte di volta in volta senza vi sia un piano generale strategico.
È evidente che le misure sanitarie di contrasto alla pandemia evocano restrizioni, più o meno marcate, alle libertà individuali, e ciò richiede particolari cautele sul piano costituzionale e della riserva di legge.
Ma una legislazione sull’emergenza pandemica, approvata dal Parlamento in tempo “di pace” (ossia senza la pressione, anche emotiva, di una pandemia in corso) con tutte le garanzie costituzionali, risolverebbe senz’altro il problema.
Si ricordi, infatti, che è ben vero che sono in gioco dei diritti fondamentali degli individui, quali il diritto al libero spostamento nel territorio dello Stato, o di entrare ed uscire dallo stesso, o alla libera iniziativa economica, o alla propria riservatezza, e via dicendo. Ma è altrettanto vero che esistono doveri fondamentali, come quello di non attentare alla salute e persino alla vita altrui, invocando diritti fondamentali come scusa per muoversi senza regole ed infettare il prossimo.
Tale agenzia, dunque, dovrebbe avere anche il ruolo di coordinamento delle altre autorità, e dovrebbe agire lungo le linee guida di un piano che preveda misure diversificate ed articolate in risposta ad agenti patogeni con diverse caratteristiche e a stadi di diversa gravità della situazione. Taiwan, da questo punto di vista, e diversamente da altri paesi ad economia avanzata, si era preparata per tempo.
Occorre altresì prevedere un sistema di sorveglianza sanitaria in tempo reale, anche attraverso il monitoraggio sistematico delle acque di scarico, e una vigilanza costante alle frontiere, tra cui un robusto sistema di quarantena.
Il sistema di monitoraggio digitale dei contatti (contact tracing) e dell’osservanza delle norme di isolamento (per i soggetti infetti) e di quarantena (per i soggetti sospetti), sia pure nel massimo rispetto possibile della privacy, deve divenire obbligatorio e costituire una condizione per l’accesso ai servizi (trasporti, uffici pubblici, scuole e università, negozi, ristoranti, luoghi di lavoro, locali aperti al pubblico, e così via): non si può ammettere la piena discrezionalità del cittadino nell’installare o meno un’app a tutela della salute collettiva.
La app può anche favorire sistemi nominativi di distribuzione dei dispositivi di protezione individuale e, in futuro, di vaccini e farmaci (come gli antivirali), e fungere da sistema di riconoscimento (tra chi dovrebbe essere in quarantena e chi invece può circolare, tra chi è vaccinato e chi non lo è, e via dicendo).
Occorre mettere in piedi un sistema sanzionatorio adeguato e proporzionato: chi viola deliberatamente la quarantena o, peggio, circola sapendo di essere infetto deve essere punito in modo sufficientemente serio da costituire un valido deterrente rispetto a comportamenti scorretti.
Infine, in tempi “di pace”, i piani di emergenza pandemica devono essere appositamente testati e richiamati con apposite esercitazioni, come si fa per le esercitazioni antincendio nei palazzi pubblici o le esercitazioni militari, in modo che le risorse chiave del paese siano sempre pronte di fronte a pandemie che, ciclicamente, da che mondo è mondo, mettono a dura prova l’umanità.